Quando il gioco non diverte più
Le istituzioni non considerano adeguatamente la gravità del problema
Di Giorgio De Cristoforo
Estratto da “L’AURORA” N.1 - GENNAIO 2022
Tra i ricordi che i giorni di fine anno richiamano alla memoria dei meno giovani c'è anche quello dei giochi di carte e altri: in un profano intreccio con le festività natalizie la "stagione" si apriva l'8 dicembre. Si giocava nei circoli, si giocava nei salotti dove, magari, nel pomeriggio si pregavano rituali rosari e novene, e a tarda sera si apparecchiavano tavoli di poker o di chemin o di domestica roulette sui quali si consumarono tanti piccoli e grandi drammi personali e familiari e ingenti patrimoni passarono di mano e di qualcuno si ricorda ancora oggi. Era una "stagione" breve, per i più si chiudeva all’Epifania con lo strascico di ferite e drammi. E per gli irriducibili amanti del lotto restavano le ricevitorie, con un'estrazione settimanale (oggi anche queste sono triplicate). Adesso la "stagione" del gioco d'azzardo è perenne, l'on line ti fa accedere da casa a casinò permanenti, al bar o in edicola trovi una impressionante varietà di videogiochi e grattini, il passatempo o il "tentare la fortuna ogni tanto" diventa abitudine e presto poi compulsione. Il gioco d'azzardo si è diffuso a macchia d'olio e continua il contagio, in Italia - dove ogni anno si bruciano così centodieci miliardi nell’ aumento vertiginoso c'è lo zampino dello Stato che ha favorito in tutti i modi l’azzardo e ne ricava otto miliardi, in Sicilia la spesa è di sei miliardi l’anno, che sono una perdita rilevante in un tessuto sociale ed economico fragile.
Oggi il disturbo da gioco d'azzardo è una dipendenza patologica che richiede trattamenti specialistici: coinvolge non solo chi ne è affetto, ma trascina nel vortice anche familiari, parenti e amici. È come giocare con la morte, inconsapevoli che piano piano si scende sempre di più nella palude. Ricerca affannosa di soldi, di ricchezza, di risposte immediate, di mezzi per uscire dalla miseria, dal disagio, per guarire da ferite nascoste ma purulente. È un’endemia trasversale, che in molti casi prescinde dal bisogno economico o dalla stessa aspettativa di vincita: donne annoiate, o intristite dalla solitudine, o all’inseguimento di un miraggio di benessere non tanto per sé quanto per figlio nipoti, o alla ricerca di forti sensazioni, di nuove emozioni, sognando una nuova avventura; giovani che si affacciano alla vita con la fretta di avere per spendere sempre di più; uomini non appagati, avviati alla vecchia con la noia e la paura di non contare più; e tanti altri prototipi. Ed è ancora più terribile quando il gioco d'azzardo si intreccia a droga, alcool, psicofarmaci.
Il gioco d'azzardo è esperienza d’inferno, di annientamento della propria libertà, della propria capacità di scegliere e di decidere. («C’è una voluttà nell'estremo grado dell'umiliazione e dell'avvilimento», scriveva Dostoevskij). Il gioco d'azzardo è inferno. È un'emergenza sociale, lo Stato l'ha pure riconosciuto e ha approntato alcuni strumenti (limitati stanziamenti di fondi, un osservatorio nazionale e osservatori regionali, piani di azione spesso più proclamati che operativi). Ma lo stesso Stato che con una mano soccorre con l'altra continua a incassare e appare quindi esitante e ipocritamente contradditorio. Il saldo costi benefici dovrebbe includere il conto delle passività, ossia i costi sia monetari e sia sociali derivanti dall'obbligo di predisporre le cure per le patologie correlate, comprese le depressioni, i suicidi, i conflitti familiari. E di tenere conto pure degli effetti criminogeni, come reati connessi al gioco (furti, appropriazioni indebite, truffe) o a danno dei giocatori stessi, come il prestito a usura. Il gioco d’azzardo appare come matrice di un rischio anche istituzionale molto grave, di pratiche che mettono a repentaglio valori importanti per la persona, per la società, per lo Stato di diritto.
È in questo scenario complesso che i servizi alla persona dovrebbero ricevere un’attenzione particolare, una capacità di comprendere i fenomeni e di intervenire per prevenire l'instaurarsi di situazioni esplosive e distruttive. Ma l’iniziativa pubblica, di Stato e Regione, è ancora balbettante e inadeguata. Lo Stato ha stanziato cinquanta milioni per interventi specifici in questo campo, alla Sicilia toccano poco più di quattro milioni l’anno, ma si aspetta ancora un’azione concreta in un’ottica di integrazione sociosanitaria, una rete integrata di servizi alla famiglia che operi localmente per il monitoraggio delle condizioni di rischio e delle situazioni di disagio sociale della famiglia.
È un problema inquietante anche in questa città come ciascuno può osservare nella vita di tutti i giorni, e come evidenziano i dati relativi alle richieste di aiuto degli ultimi anni a “Casa Rosetta”; che si occupa anche di questo tra le dipendenze patologiche trattate nelle sue tre comunità terapeutiche. Per il gioco d’azzardo "Casa Rosetta'' ha istituito uno specifico servizio ambulatoriale, che accoglie utenti provenienti da tuttala Sicilia ma non è accreditato e convenzionato dal servizio sanitario pubblico. I costi sono interamente a carico dell'Associazione, che svolge in questo ambito un servizio primario e non “sussidiario” ma non può fare di più con le sue risorse, e vorrebbe tuttavia accogliere tutte le domande di aiuto che le arrivano. Le istituzioni ascoltano, manifestano apprezzamento e interesse, ma in concreto matura poco o nulla.
In tempi di “benaltrismo” imperante, le priorità appaiono forse “ben altre”.
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Attenzione, dialogo e cura
Una rete di professionisti per la lotta contro il GAP
Sono attualmente una quarantina le persone seguite dal servizio istituito in “Casa Rosetta” per il trattamento del disturbo da gioco d’azzardo patologico (GAP), altrimenti e impropriamente definito ludopatia. Sono persone provenienti anche da altre province siciliane, che si sono affidate al servizio di Caltanissetta per la sua buona reputazione, e/o per evitare lo stigma sociale temuto da chi non vuol mostrarsi “dipendente” in cura nella propria città. Stigma e pregiudizi o l’illusione di potercela fare senza aiuto sono dannose remore a chiedere sostegno appropriato, e indirettamente finiscono con l’aggravare situazioni già critiche. Il servizio di “Casa Rosetta” è significativamente intitolato a San Camillo de Lellis, fondatore alla fine del Cinquecento dell’ordine religioso dei frati camilliani, patrono dei malati, dei professionisti del settore sanitario e degli ospedali, convertitosi dopo una giovinezza di intensi piaceri mondani incluso il gioco d’azzardo del quale divenne dipendente.
Per realizzare gli obiettivi di trattamento e di recupero dalla dipendenza di gioco d’azzardo patologico il Centro di “Casa Rosetta” utilizza un protocollo terapeutico articolato in diverse fasi. La prima riguarda la presa in carico dell’utente e procede con due colloqui motivazionali al fine di fare un’esatta diagnosi di GAP o di gioco problematico, supportati da una batteria di test psicologici. Durante i colloqui motivazionali “Casa Rosetta” descrive il protocollo terapeutico con la presenza dei familiari. L’adesione al trattamento da parte della persona con DGA e della sua famiglia avviene con la firma del “contratto terapeutico”; che rafforza l’intento della persona con DGA a sostenere il processo di cambiamento e di riabilitazione sociale. Il processo di cura prevede un incontro settimanale con interventi differenziati in: psicoterapia individuale, di coppia e familiare; psicoterapia di gruppo; gruppo tutor; tutoraggio; consulenza finanziaria e legale che si svolge coinvolgendo ove presenti i coniugi e i familiari, perché il danno economico e finanziario investe tutta la famiglia e il piano di risanamento non può non coinvolgerla. Il centro è coordinato da Angela Sardo, una delle operatrici di più lunga esperienza nelle comunità terapeutiche di “Casa Rosetta”. L’équipe di trattamento è composta da professionisti che si sono specializzati per la presa in carico della persona con gioco d’azzardo e della sua famiglia attraverso la partecipazione frequente a corsi di formazione a livello regionale e nazionale. Il più recente evento formativo ha impegnato cinque operatori di “Casa Rosetta” in un master universitario presso l’Università di Udine per complessive 250 ore di formazione che si è concluso il mese scorso.
Il servizio è stato voluto da “Casa Rosetta” in aderenza alla sua finalità statutaria di sostegno alle persone fragili e a fronte di un bisogno crescente nel territorio e di tante richieste di aiuto da persone che vivono devastanti drammi individuali e familiari. L’Accesso al Servizio GAP è gratuito e libero. Le convenzioni con il servizio sanitario non includono questo servizio, che “Casa Rosetta” vorrebbe potenziare ma non può farlo con le sue sole risorse.
Il servizio di “Casa Rosetta” per il disturbo da gioco d’azzardo patologico ha sede nel palazzo Notarbartolo di proprietà dell’Associazione in piazza San Giuseppe a Caltanissetta (che ospita anche il corso universitario di scienze dell’educazione e della formazione che “Casa Rosetta” tiene qui in affiliazione alla Pontificia università Auxilium).
Per informazioni e contatti: 320.0754224, centroascoltocl@casarosetta.it